La prima domenica di aprile, primo weekend dopo il cambio dell’ora e una settimana particolarmente pesante. Il sole lucente si intrufolava impertinente tra le fessure della persiana e invitava ad uscire e fare cose pazze!

Mi stirai pigramente e con uno sbadiglio mi girai dall’altra parte «tanto a pranzo siamo da Davide» pensai … «già, ma devo ancora comprare la carne per la grigliata, per fortuna i supermercati sono aperti anche la domenica». A malincuore mi alzai, indossai jeans e maglietta e infilai un paio di paperine da “battaglia”, ideali per le scampagnate. Un velo di trucco, l’immancabile colazione ed ero pronta per andare a far compere.

Girai la chiave nella toppa del cancelletto e uscii sul marciapiede.
Una strana atmosfera rarefatta avvolgeva ogni cosa, tanto che ebbi l’impressione di essere in uno di quei fumosi sobborghi della Londra di fine Ottocento, eppure non sentivo freddo. Con una certa apprensione accelerai il passo e così assorta, sfiorai accidentalmente una signora che camminava nella direzione contraria «mi scusi» le dissi sinceramente dispiaciuta, ma lei mi lanciò un’occhiataccia senza dire nulla e tirò dritto. Fu a quel punto che mi resi conto del suo abbigliamento e dell’acconciatura, tipici dell’epoca – l’Ottocento, appunto!

Com’era possibile?!

Cercai di non far caso a ciò che avevo visto e mi affrettai a raggiungere il supermercato più vicino ma, giunta a destinazione, mi ritrovai in un mercatino di strane mercanzie, popolato da altrettanto strane persone, sempre immersa in quella coltre di nebbia in cui ero sprofondata da quando ero uscita di casa. Sembrava un mercatino delle pulci, se non fosse stato che gli oggetti in vendita erano delle autentiche novità per i clienti.

Stavo ancora metabolizzando l’accaduto quando lo squillo del cellulare mi scosse: era mio figlio Davide, «certamente vorrà sapere se siamo pronti e io sono qua nel bel mezzo del nulla … » mentre cercavo di rispondere cadde la linea, il telefono era scarico.  «Accidenti, perché non l’ho messo sotto carica ieri sera! » pensai indispettita.

«Devo prendere un’iniziativa anche a costo di sembrare folle» mi dissi. Avvicinai un passante e gli chiesi:  «mi scusi signore, potrebbe dirmi dove siamo e che giorno è oggi? » ma lui passò oltre senza, apparentemente, avermi vista o sentita.
«Fantastico! » pensai  «a quanto pare qui nessuno mi vede»
La cosa iniziò a darmi i brividi.

Intanto il cellulare squillò di nuovo, ma questa volta sapevo che non avrei potuto rispondere.
Mi addentrai tra le bancarelle alla ricerca di un indizio che spiegasse perché mi trovavo lì quando tutt’a un tratto da un vicolo laterale sbucò un ragazzo trafelato che, senza fermarsi, urlava «scappate, sta arrivando, scappate! »  «Chi sta arrivando? »  mi chiesi.
Non feci in tempo a finire di formulare la domanda che un’enorme massa d’acqua mi investì e mi trascinò con sé spazzando via il mercatino, le cose e le persone.

Il cellulare riprese a squillare insistente, allungai una mano sul suo braccio, lo scossi dolcemente e con un fil di voce gli dissi «rispondi tu? » Udii i suoi passi nell’ingresso, poi lo sentii dire «Ciao Davide, tua madre dorme ancora, mezzora e siamo pronti ». Era stato solo un sogno!

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