Le giornate scorrevano lente ma intense. Dall’ultima settimana di agosto, e per tutto il mese di settembre, era consuetudine dedicarsi ai lavori di accantonamento. La campagna in questo periodo era prodiga di frutti e noi dovevamo essere accorti a non perdere neanche un grammo di tutto quel ben di Dio, se non volevamo tirar cinghia tutto l’inverno! Ma questo voleva dire tirarsi su le maniche e non aver paura di lavorare sodo.
C’erano i pomodori maturi e sugosi che aspettavano solo di essere raccolti per fare la “grande salsa” che da sola ci impegnava – tutta la famiglia, dai bambini ai nonni – per circa una settimana. C’erano le susine, e più in là le mele, da trasformare in deliziose confetture con lunghe e pazienti ore di cottura sulla stufa, i fagioli da sgranare e allargare nell’aia ad essiccare, l’aglio da intrecciare in mazzi e appendere in soffitta, noci e nocciole da raccogliere e riporre nei sacchi di iuta, c’erano da levare e ritirare le patate in altri sacchi al buio e poi le verdure – zucchine, peperoni, melanzane – da invasare e sterilizzare.
E quando tutto questo era fatto, ci attendeva la vendemmia, l’evento più importante dell’anno, dopo la mietitura. La nostra famiglia, vista da vicino, si riduceva a me e papà ma se la guardavamo da un’altra prospettiva, anche noi avevamo parenti sparsi un po’ ovunque, in paese e nelle borgate vicine. Ci si frequentava poco, ma quando arrivava il momento di fare composte o pestare uva l’unione faceva la forza e arrivavano tutti a dare una mano. Ed era bello ritrovarsi, sentirsi parte di una grande comunità. Era una sensazione che mi aveva sempre infuso sicurezza, specie da quando la mamma non c’era più.
Ma adesso le cose stavano cambiando, anzi ero io che stavo cambiando, e mi sentivo divisa tra i doveri verso la famiglia e il prorompente desiderio di libertà. Mai come adesso mi mancava la mamma, la sua presenza amorevole e rassicurante, cui avrei voluto confidare la tempesta di emozioni che mi stava travolgendo e dire di quel ragazzo fiero e dolce allo stesso tempo, che mi aveva stregata.
Ero così stanca … ma finalmente il grosso del lavoro era stato fatto ed ero riuscita a non far trapelare alcunché. Andrea non l’avevo più visto da quella domenica al fiume salvo una volta in cui si era introdotto furtivo tra i filari della vigna per farmi un saluto e assicurarsi che stessi bene. Ma questo non mi bastava più!
Mi rigirai nel letto e tirai su la coperta: cominciava a far freddo la sera. Sentivo papà russare nella camera accanto, ma io non riuscivo a prendere sonno. Troppi pensieri mi frullavano in testa. Chiusi gli occhi …
– Amalia! – udii una voce sommessa chiamarmi. – Mamma! – Esclamai sorpresa. C’era un’entità sospesa davanti a me, il volto e la voce erano i suoi, ma il corpo trasparente si muoveva lento, fluttuando nell’aria
– Aspetta, non te ne andare che chiamo papà – dissi scostando la coperta per alzarmi.
– No figliola, aspetta, è per te che sono qui – mi rispose lei con un filo di voce. Mi fermai a guardarla, ancora incredula. Mamma sei proprio tu, non sai quanto ho sognato questo momento!
– Lo so, lo so, Amalia, allora raccontami, cos’è che ti dà così tanta pena? –
– Mamma, ho conosciuto un ragazzo, si chiama Andrea, credo di essermi innamorata, cioè … non lo so, so solo che vorrei stare sempre con lui, sono confusa. È la prima volta che mi sento così e non so come comportarmi. Papà non vuol sentirne parlare, dice che è “un tipo losco” e non sa che lo frequento, ma questi sotterfugi mi fanno star male, mi consumano … Oh, mamma come posso fare? Aiutami tu – dissi con foga
La mamma sorrise.
– Cara Amalia, io non so dirti se il tuo sia amore o un’infatuazione, questo sarà il tempo a dirlo. Ma so per certo che Andrea è un bravo ragazzo, solo molto sfortunato. Dietro la sua spavalderia si cela un grande segreto. Tu, con la tua fresca ingenuità potresti aiutarlo a trovare la sua strada e insieme, potreste percorrerla per la vita, a dispetto delle malelingue, ma ti avverto: la strada sarà lunga e impervia, dovrai essere preparata a lottare, anche se dovessi metterti contro tuo padre. Lui è un uomo buono ma prevenuto, ci vorrà un po’, ma alla fine capirà. L’unica su cui puoi davvero contare è la zia Giuditta, che da giovane ha vissuto una storia molto simile alla tua. –
– Grazie mamma – dissi con le lacrime agli occhi per l’emozione. – Ora so cosa fare –
In quel momento mi svegliai, lei non c’era più. Mi toccai le gote, erano bagnate di pianto, ma in cuor mio ero serena e risoluta.
La mattina dopo mi alzai presto. Faceva fresco. Mi lavai alla svelta, raccolsi i capelli sulla nuca e indossai abiti comodi da lavoro. Avevo deciso. Mi sarei presa una giornata libera da impegni e sarei andata al fiume ad incontrare Andrea. Non ero ancora pronta a prendere posizione con papà, perciò trovai la scusa di andare da Giuditta per portarmi avanti con il corso di cucito. Strada facendo avrei avvisato la zia dell’ennesima bugia.
Il bosco era avvolto da una nebbiolina rada e l’erba del fitto sottobosco era coperta di goccioline di rugiada. L’aria mi sferzava il volto, mentre “volavo” con Laika attraverso i campi ancora deserti.
Mi pregustavo già la faccia sorpresa di Andrea, che di certo non si aspettava la mia visita, e con lui avrei preso una bella tisana calda …
Scesi da cavallo, un insolito silenzio avvolgeva la casa. Le imposte erano accostate e nessun rumore giungeva dall’interno. Che strano, che fosse già uscito per andare in paese? Magari doveva vendere qualche sua scultura. Con la mia solita fortuna, vuoi vedere che anche questa volta avevo fatto tanta strada per niente?
Sbirciai dai vetri: non c’era anima viva.
Accidenti! Pensai, dando un colpo alla porta, per la frustrazione. La porta magicamente cedette sotto la mia spinta e io entrai. Era buio, la cucina era in disordine ed emanava un cattivo odore.
Presa da un brutto presentimento, salii di corsa la scala che portava alle camere. Silenzio e buio anche li. Mi affacciai timidamente alla porta della sua camera e fu allora che distinsi nell’ombra la sua sagoma distesa nel letto, il volto pallido e smagrito, il respiro affannoso.
Mi avvicinai e gli toccai la fronte, era imperlata di sudore. Da quanto tempo stava male senza che nessuno lo sapesse e si prendesse cura di lui?