― Come siete bella! ― mi sussurrò Andrea nell’orecchio, facendo scivolare le mani sui miei fianchi e tirandomi a sé.
Sentivo le sue labbra avide sul viso ed io, come estasiata, ero incapace di sottrarmi alle sue effusioni.
Uno strano calore mi pervase e salì fin sulle gote facendole avvampare. Stavo vivendo un sogno o ero desta? Mi tornarono in mente i discorsi delle ragazze più grandi, allora così frivoli e privi di significato, ora cominciavano ad avere un senso … L’istinto mi induceva a godere di quelle sensazioni tanto intense quanto sconosciute ma la ragione mi suggeriva di frenare gli eventi finché ero in tempo!
Mi ritrassi con dolcezza allontanandolo da me, presi gli abiti e le scarpe e, senza dire una parola, arrossita e confusa, scappai dietro una grande quercia a rivestirmi.
Andrea rimase di stucco ed esclamò
― Amalia, perché ve ne andate così? Cosa vi ho fatto? ―
Seppur fossi ancora un po’ scossa per l’accaduto, non volevo andarmene senza salutarlo così lo aspettai davanti a casa con Laika, pronta per partire.
Di li a poco Andrea mi raggiunse.
Per la fretta non si era nemmeno infilato la maglietta.
― Che vi prende? ― domandò con aria attonita. ― Era tutto perfetto … ―
― No, è che si è fatto tardi, devo proprio andare ― risposi in preda ai dubbi. Era una scusa grossolana ma li per li non seppi cos’altro dire. ― Lui non se la bevve nemmeno per un momento. Tardi? Ma se il sole è alto, sarà si e no l’una e scommetto che non avete ancora mangiato. Non vorrete mica mettervi in viaggio con questo caldo?
Effettivamente avevo una fame da lupi e non me n’ero neanche accorta! Ero tentata di restare ma se lui avesse ricominciato con le sue avances forse non sarei riuscita a resistergli. Era come voler infilare la testa nelle fauci di un leone sperando di non essere divorati! Un azzardo!
― Vedete, io sto bene con voi ma quello che è successo prima … ― cominciai a spiegare. Lui mi interruppe ― Lo so, mi sono lasciato trasportare … eravate così seducente con quel “niente” addosso, la pelle umida e calda … non ho saputo resistere … cercate di capire!
― Se pensate che vi abbia mancato di rispetto, vi chiedo … ―
Gli misi una mano sulla bocca per farlo tacere. Avrei voluto riempirla di baci quella bocca, invece dissi ―basta così, non dovete scusarvi di nulla, è piaciuto anche a me! Ma non voglio che si ripeta, almeno per ora. Non sono pronta …―
Andrea, dispettoso, mi leccò il cavo della mano poi, guardandomi dritto negli occhi, mormorò ―Cavalcheremo insieme i sentieri dell’amore, quando lo sarete. ―
Quella dolce promessa mi aveva conquistata più di ogni altro gesto. Era una prova di quanto lui tenesse a me.
― Grazie ― risposi trasecolata.
― Venite ora, se non metto subito qualcosa sotto i denti potrei anche infrangere la parola data e mangiarvi tutta! disse lui ridendo.
Senz’altri indugi entrai in cucina e mi misi all’opera. Con una patata, uno spicchio d’aglio e un po’ di pane raffermo trovati nella dispensa, feci una zuppa appetitosa, poi preparai un’insalata di pomodori al profumo di basilico e per finire ci dividemmo una bella pesca succosa, maturata tra i filari della vigna.
Finalmente sazi, ci concedemmo un pisolino sulla panca all’ombra della tettoia. Accarezzati dalla brezza tiepida, poco a poco sprofondammo in un sonno ristoratore, le teste chine adagiate l’una all’altra, immerse ciascuna nei propri sogni e le bocche semiaperte.
Non so quanto tempo passò. So solo che d’un tratto aprii un occhio e vidi che il sole stava calando dietro la collina. Mi alzai di scatto, tanto che Andrea trasalì e con la bocca impastata biascicò ― Ohi! Che succede? ―
― Siamo rimasti addormentati e sta facendo sera ― risposi ansiosa. ― Papà sarà già a casa a quest’ora e se mi scopre sono guai! ― Mi fiondai in cucina per riordinare. ― Che disastro! ― Avevo lasciato i piatti sul tavolo e gli avanzi avevano attirato un sacco di mosche. Andrea mi seguì. ― Lasciate stare, andiamo via. Qui ci penso io quando torno. Forza non perdete altro tempo! ― mi esortò Andrea.
Percorremmo colline e declivi a rotta di collo mentre il sole di quella splendida giornata scivolava dietro la folta vegetazione più in fretta di noi.
― Cosa fate? Non potete venire in paese con me― esclamai preoccupata.
― Non vi lascio qui da sola al buio ―
― Andrea, ragionate, non possiamo permetterci un’imprudenza del genere. Se qualcuno ci vedesse potrebbe riferirlo a mio padre e noi non potremmo più vederci. ―
― Non ci vedrà nessuno ― insisté lui. ― Andate avanti senza voltarvi, io vi seguirò restando un po’ indietro così non sospetteranno che siamo insieme.
Ubbidii e continuai a galoppare tranquilla, sotto il suo occhio vigile. Quando finalmente arrivai nei pressi di casa mi voltai per salutarlo ma lui non c’era più. Era come se l’oscurità della sera l’avesse inghiottito. Che delusione! Se n’era andato senza una parola. Ma in quel momento avevo ben altro cui pensare.
Cosa mi sarei inventata con papà?
Varcai la soglia di casa con passo felpato. Chissà, magari era già andato a dormire e io la passavo liscia anche stavolta! Pensai speranzosa. Ma l’illusione fu di breve durata. Papà si era appisolato sulla sua poltrona e non appena udì il fruscio dei miei passi si ridestò.
― Oh! Era ora! Dov’eri finita? ― chiese un po’ irritato.
― Scusa papà, il fatto è che, il sonnellino di stamattina mi ha rinfrancata e dopo stavo così bene che ho pensato di andare a trovare Agnese e poi siamo andate al fiume a giocare. Ci siamo divertite un mondo. Abbiamo fatto merenda e il tempo è volato … ed eccomi qui ― risposi tutto d’un fiato, sedendomi sul divanetto accanto a lui.
A sentir parlare del fiume papà si era irrigidito e con fare inquisitorio chiese ancora ― eravate da sole? ―
― certo che eravamo sole ― mi affrettai a rispondere e aggiunsi ― e chi altri doveva esserci? ―
― Non so, dimmelo tu? Magari quel ragazzo che tu difendi sempre … ― disse papà con uno sguardo che sembrò trafiggermi. Le gambe cominciarono a tremarmi e cercando di dissimulare l’inquietudine risposi con un risolino nervoso ― papà, cosa ti viene in mente! Conosci Agnese, è una timidona che è già tanto che esca con me ― Non mi persuadevo di come papà fosse andato tanto vicino alla verità.
Possibile che i genitori sappiano quel che fanno i figli anche se non li vedono?
L’indomani era giorno di cucito, ma prima di recarmi da zia Giuditta dovevo assolutamente avvisare Agnese della mia bugia con papà e chiederle di reggermi il gioco.
Agnese era la figlia del mugnaio e abitava quattro case più su della mia. Quando mi alzai papà era già uscito. Che strano, non era da lui andare al lavoro senza prima salutarmi, evidentemente non mi aveva ancora perdonato il ritardo della sera prima. Tracannai d’un fiato una bella tazza di latte caldo con due biscottini e a piedi mi incamminai verso il mulino. Agnese era nell’aia intenta a dar da mangiare alle oche. Non si poteva dire che fosse una bellezza con quel faccione paffuto, i lunghi capelli lisci e scuri legati con un fazzoletto, gli occhi piccoli e la bocca carnosa. Era sempre stata cicciotta ma l’adolescenza non le aveva giovato: era rimasta bassa e tozza. Forse per questo era così timida e stava sempre in disparte. Era felice solo quando poteva stare a casa a giocare con i suoi adorati gatti.
Alzai la mano per salutarla e lei ricambiò con un sorriso. Quando le fui accanto le chiesi sottovoce
― Sei sola? ―
― No, papà è dentro che macina il grano che gli ha portato tuo papà stamattina presto, perché? ―
― Cosaaa? ― esclamai atterrita ― mio padre è qui??? ―
― Nooo, se n’è andato da un pezzo ― Agnese mi guardava con aria interrogativa senza capire.
― Per caso mio padre ha parlato con te? ― chiesi temendo la sua risposta.
― No, io dormivo ancora quand’è arrivato ― e aggiunse ― avrà parlato con papà ma non so cosa si sono detti … ―
― Ecco fatto ― pensai. Ero arrivata tardi e sicuramente il papà di Agnese gli aveva detto che sua figlia non si era mossa tutta la domenica. Ero rovinata.
― Ma tu cosa volevi dirmi? ― chiese Agnese
― Volevo avvertirti che ieri ho detto a mio padre che abbiamo trascorso la domenica insieme al fiume ―
― Perché gli hai detto una bugia? ― domandò ingenuamente Agnese, continuando a non capire
― Perché sono stata da un’altra parte e non volevo che lo sapesse ― Ma se ha parlato con tuo papà, avrà già scoperto la verità … ―
Finalmente lo sguardo di Agnese si illuminò ed esclamò ― Adesso ho capito tutto! Tranquilla, ieri sono uscita con Luisella e sono stata fuori tutto il pomeriggio ma papà sa solo che ero in paese perciò non può aver detto niente di compromettente a tuo padre.
Tirai un sospiro di sollievo. Questa SI, che si chiamava fortuna!
Agnese avrebbe voluto sapere di più ma io preferii mantenere il segreto. Gliene avrei parlato quando mi sarei sentita meno vulnerabile.
Ancora un po’ turbata mi recai da zia Giuditta. Lavorai sodo, ma ero distratta dal pensiero della bella domenica appena trascorsa e dalla preoccupazione che papà fosse stato a un passo dallo scoprirmi.
Il giorno volgeva al termine e ad un certo punto Giuditta esordì:
― Stai ancora pensando a quel ragazzone dell’altra sera? ―
Bam, fu come ricevere una secchiata di acqua gelata in faccia! Restai ammutolita poi riavutami dalla sorpresa balbettai ― Ma? E tu …? ―
― Come faccio a saperlo? Pensavi che non me ne fossi accorta? ― disse Giuditta.
― Guarda che sono stata giovane anch’io! E quando una ragazza scappa su due piedi come hai fatto tu, può esserci solo un ragazzo di mezzo! ―
Adesso era tutto chiaro e la cosa più stupefacente era che mi avesse coperta domenica mattina con papà!
Avevo un’alleata.